Fate Presto! Arte come gesto d’amore per il pianeta è il titolo del mio primo post per il BLOG di De Agostini Scuola, sezione Arte. A partire dal mese di Ottobre 2020, sono qui regolarmente pubblicati i miei post realizzati su tematiche d’attualità, quali l’ambiente, la famiglia, la relazione, la spiritualità, lette attraverso i linguaggi dell’arte contemporanea. Il primo post è dedicato all’arte e all’ecologia, e include autori quali Olafur Eliasson, Mark Dion, Cai Guo-Qiang, fino a Francesca Pasquali, Enrica Borghi, e molti altri. Fondamentale la collaborazione di tutti gli Archivi e gli Estates d’Artista che hanno concesso l’uso delle immagini. Buona lettura!
Non abbiamo più tempo: dobbiamo agire adesso per salvare il nostro Pianeta. Lo dicono anche gli artisti attraverso le loro opere, soprattutto negli ultimi tempi, dato che il tema ambientale è tornato alla ribalta dell’opinione pubblica nelle recenti, infiammate manifestazioni sul global warming. Tra i più celebrati nomi internazionali che da tempo lavora sul rapporto tra arte, ambiente, tecnologie, Olafur Eliasson (Copenhagen, 1967) nel dicembre 2018 ha portato gli iceberg della Groenlandia a Londra: 24 blocchi di ghiaccio, 110 tonnellate in totale davanti alla Tate Modern – museo prestigioso che da luglio 2019 gli ha dedicato una straordinaria retrospettiva – e altri 6 all’ingresso del colosso dei media “Bloomberg”, che ha sponsorizzato l’impresa titanica. I passanti hanno potuto così vedere e toccare con mano cosa sta succedendo nella calotta artica, assistendo, impotenti, allo scioglimento di questa monumentale e temporanea opera d’arte.
Molto più piccola, ma altrettanto potente nel messaggio che trasmette, è l’opera che l’artista cinese Nut Brother (Shenzhen, 1981) ha creato usando un aspirapolvere nell’inquinatissima Pechino: per cento giorni, egli ha raccolto le particelle tossiche che sono nell’aria della capitale cinese, comprimendole e trasformandole poi in un mattone. Un gesto semplice ed efficace, che denuncia i livelli di estrema tossicità dell’aria cinese: quanti mattoni possono essere costruiti con questa polvere mortale?
Commissionata da the Power Station of Art, Shanghai, Collection of the Artist.
The Ninth Wave salpa dal fiume Huangpu by the Bund, Shanghai, 2014.
Photo by Wen-You Cai, Courtesy Cai Studio
Collezione del Kröller-Müller Museum
Dalla Cina sono molti gli artisti che, sensibili ai temi ambientali, hanno lavorato con performance, azioni e installazioni destinate a scuotere l’opinione pubblica su questi temi: Cai Guo-Qiang (Quanzhou, 1957) ha fatto approdare l’Arca di Noè alla Power of Art Station di Shanghai: si tratta di un vecchio peschereccio che l’artista ha realmente fatto navigare sul fiume Huangpu, costruendovi durante la traversata 99 animali di pezza, per denunciare la crisi ecologica dei mari e dei fiumi del suo Paese, come evidenziato dagli alti livelli di smog nell’aria delle sue città, e dall’incidente del 2013 in cui 16.000 suini morti sono stati ritrovati mentre galleggiavano lungo il fiume Huangpu.
Più sottile e meno violenta a primo impatto è invece l’opera di Mark Dion (New Bedford, Massachusetts, 1961) che in giro per il mondo ha creato Libraries, librerie sulla storia ornitologica di grandi metropoli da egli stesso studiata e poi simbolicamente riprodotta addobbando un grande albero secco con specie di uccelli, oggetti e libri che raccontano nei secoli della loro evoluzione: seguendo il volo e le vicende dei volatili urbani, Dion ha provato a classificare e poi ad analizzare le trasformazioni ambientali delle metropoli del suo tempo.
steel, wood, books, and birds, 350.5×609.6×736.6 cm (dimensioni totali)
Courtesy the artist and Tanya Bonakdar Gallery, New York/Los Angeles
Se in queste opere il pubblico non può che assistere impotente alla tragedia ambientale messa in scena dagli artisti, altre ricerche invece coinvolgono attivamente il visitatore, chiedendogli di compiere vere e proprie azioni “di salvataggio del pianeta”.
Il padre di tutti è Joseph Beuys (Krefeld, 1921, Düsseldorf, 1968), artista tedesco che, attraverso azioni anche estreme e poetiche installazioni, ha cercato di sensibilizzare il pubblico sui temi ambientali e sociali. Nel 1982, invitato alla settima manifestazione “Documenta” a Kassel, con l’aiuto di numerosi volontari ha avviato la piantagione di 7000 querce nella cittadina, ciascuna delle quali accompagnata da una stele di basalto: un gesto semplice, quale quello di piantare un albero, diventa attraverso il coinvolgimento della popolazione un messaggio potentissimo che già negli anni Ottanta invitava a riflettere sui temi ecologici.
Nello stesso anno, Andy Warhol chiedeva al pubblico con l’opera Fate presto! di portare un contributo per risollevare Napoli dal terremoto devastante appena accaduto: lo faceva riproducendo su tre tele il messaggio “Fate presto” che il quotidiano “Il Mattino” aveva pubblicato poco prima, chiedendo a sua volta aiuto alla comunità dei lettori del giornale.
In tempi più recenti artiste come Enrica Borghi (Verbania, 1966) e Francesca Pasquali (Bologna, 1980) hanno scelto di utilizzare gli scarti plastici e industriali per creare opere di grandissimo impatto.
Fotografia di Giorgio Caione.
Musée des Boeux Arts de Bordeaux,
plastic bottles, plastic, bags, plexiglass,
Fotografia di Enrica Borghi. Enrica Borghi, Grande Soirée, 1999-2005
Fotografia di Muriel Anssens
Mamac, Musèe d’Arte Moderne et d’Art Contemporain,
Nice, Mamac collection.
realizzata in collaborazione con Andrea Familari, Carlotta Piccini per luci e video, Luigi Mastandera, Bernardo Lo Sterzo per il suono
400×500×350 cm, installazione cinetica audio video site-specific e ambientale, CUBO, Spazio Arte, Bologna 2016
Fotografia di Marco Mioli, Courtesy CUBO, Museo d’impresa del Gruppo Unipol
Elastici colorati, colore giallo, parà, verde, impalcatura metallica, 650 chilogrammi di elastici, 600×150×150 cm circa,
installazione site-speciific Venezia,
Spazio Thetis
Courtesy Francesca Pasquali Archive
Francesca Pasquali da anni lavora direttamente con le aziende, andando a scovare materiali fallati, dismessi e potenzialmente inquinanti e trasformandoli invece in meravigliose installazioni. Qualche anno fa, con l’azienda bolognese Ilip, ha realizzato Glasswall, una parete fatta di centinaia di migliaia di bicchieri di plastica che sono diventati un muro sul quale venivano proiettate luci e suoni che, attraverso dei sensori, mutavano con il passaggio del pubblico.
Francesca Pasquali è stata profondamente ispirata dalla ricerca di artisti famosi che hanno trasformato la materia di scarto in opere d’arte: da Alberto Burri, tra i principali esponenti dell’Informale cosiddetto materico, a Antonio Scaccabarozzi, protagonista della pittura concettuale italiana degli anni Settanta, che utilizzava i fogli di polietilene trasparenti e colorati per creare installazioni ambientali e opere a parete, monocrome o formate da più strati di colori diversi: i loro nomi sono “Ekleipsis” e “Banchise”. Le prime, infatti, strato dopo strato cancellano il colore del foglio precedente, mentre le seconde ricordano le banchise di ghiaccio, eppure sono fatte di materiali che, se abbandonati, possono distruggere il nostro ecosistema, inquinandone le acque e le terre.
Polietilene sagomato, 70,5×106,5 cm
Courtesy Archivio Antonio Scaccabarozzi
Photo credits Mauro Novaglio
Courtesy Archivio Antonio Scaccabarozzi, ACME Art Lab, spazio contemporanea
Dalle Banchise di Scaccabarozzi ai ghiacci di Eliasson, con i quali abbiamo aperto questo post, quel che ci insegnano gli artisti, allora, è che se dobbiamo fare presto a salvare il Pianeta, ancor meglio allora se questo “fare” corrisponda a “creare”.
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