STAY SAFE _ Archivio Giorgio Di Genova, GNAM Roma

Proponiamo qui il saggio di Giorgio Di Genova per “FOLIVM”, dal titolo Archivi, Pilastri della Storia e della Cultura

La memoria è un dono fondamentale per l’umanità. Esistono diversi tipi di memoria, tra cui quella orale, utilizzata nei tempi remoti della preistoria, che però è imprecisa e limitata, e quella scritta, che è precisa e spesso addirittura datata. Se è probabile che la memoria orale sia alla base dei miti, che contengono sempre un nucleo di verità storica, è con la scoperta della scrittura, o meglio delle scritture, che nasce la storia militare, sociale, economica, esistenziale dei popoli.
Ovviamente con i ritrovamenti di manufatti della preistoria (oggettistica, scultura e pitture parietali) si possono ottenere informazioni, ancorché incerte, approssimative e non definitive, come, per fare un esempio, è accaduto con il ritrovamento della mummia del Similaun, Ötzi, oggi conservata a Bolzano. Notizie precise e datate si possono ottenere solo tramite documenti scritti e anche tramite le arti dell’epoca: per fare un esempio, se oggi sappiamo come vestivano gli uomini e le donne del Quattrocento, lo ricaviamo dai dipinti di quell’epoca.
Quindi esiste anche una memoria iconica, appunto relativa alla pittura e alla scultura ed in diversi casi all’architettura, alle quali dall’Ottocento si sono aggiunte la fotografia e poi la cinematografia, arti che, in aggiunta ai ritratti in pittura, ci hanno permesso di conoscere le sembianze di politici, dittatori, artisti, scienziati, ecc., addirittura di vederli in azione e sentirli anche parlare, mentre prima di costoro ci veniva tramandato il solo nome.
Tutte queste memorie assieme ai documenti scritti possono costituire fondamentali archivi utili per ricostruire il passato nelle sue diverse espressioni e azioni.
Si potrebbe asserire che gli archivi sono la memoria storica dell’umanità, sia della cronaca, sulle cui gambe cammina la storia, sia delle vicende culturali (credenze, usi e costumi compresi). Sono in definitiva la conoscenza permanente che sostiene, o meglio sostituisce, le conoscenze brevi e/o caduche.
Questa consapevolezza l’ho conquistata nel più che ventennale lavoro dedicato alla stesura dei tomi della mia Storia dell’arte italiane del ’900 per generazioni, che senza il mio archivio, costruito in decenni di acquisizioni, non avrei potuto mai realizzare.
Ed è per tale ragione che l’11 aprile del 2012, nell’ambito degli Incontri: Arte, cultura e società: parliamone, da me ideati e curati assieme a Nicolò Brancato, Eugenia Serafini e Patrizia Veroli, annualmente tenuti da febbraio ad aprile nel Salone Borromini della Biblioteca Vallicelliana, concessoci dall’allora Direttrice Maria Concetta Petrollo Pagliarani, volli dedicarne uno al tema “Ma gli archivi interessano ancora?”, invitando a parlarne Claudia Palma, Direttrice degli archivi della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Carolina Italiano, Direttrice degli archivi del MAXXI e Daniela Lancioni, curatrice del Palazzo delle Esposizioni di Roma. Gli interventi denunciarono quanto il quesito fosse appropriato, date le difficoltà e le profonde problematiche relative al mantenimento e all’incremento dei fondi che ciascuna relatrice denunciò; io stesso riportai la lamentela di uno studioso pubblicata su un quotidiano, in cui veniva stigmatizzato il disinteresse delle autorità rispetto alla salvaguardia di un codice miniato del Duecento, che necessitava di restauri, mai approvati.
Naturalmente nel corso del dibattito venne sottolineato che, a causa delle sempre più diffuse comunicazioni via computer, con il tempo l’archiviazione dei documenti (lettere, contatti culturali, ecc.) sarebbe divenuta sempre più scarsa e lacunosa con un radicale danno per gli studiosi. E il ricorso a Wikipedia non riuscirebbe certo a portare un valido riparo a tale danno, in quanto le voci di questa libera enciclopedia troppo spesso sono poco attendibili, come ho potuto constatare anni fa a mie spese, allorché l’ignoto autore che aveva stilato la voce su di me, chissà perché mi aveva fatto laureare con una tesi su Giovanni Segantini anziché su Silvestro Lega, com’è invece stato. E a tale falsa informazione, se non fossi intervenuto io stesso a correggerla, avrebbero attinto i fruitori.

Per fortuna siamo ancora in un periodo di transizione ed alcuni archivi tradizionali esistono ancora, tanto che a Roma la Galleria Nazionale d’Arte Moderna tiene ogni anno un corso per Curatore di Archivio d’Artista, che quest’anno avrebbe dovuto svolgersi nei giorni 14, 15 e 16 maggio. Ma la Galleria fa molto di più. L’attuale Direttrice, Cristiana Collu, da quando è a Roma ha avviato una campagna di accoglimento degli archivi, per arricchire quelli già esistenti, come l’Archivio bioiconografico avviato nel 1945 da Palma Bucarelli. È così che la Galleria Nazionale d’Arte Moderna si va sempre più dotando di archivi, come quelli raccolti nei Fondi intestati a “Valori Plastici” e ad Adolfo De Carolis, come anche a Ugo Ojetti, Antonio Maraini, Umberto Prencipe, Rolando Monti. Camillo Innocenti, a cui va aggiunto l’acquisto del fondo Galleria L’Obelisco. Negli ultimi tempi ai citati si sono aggiunti i Fondi della gallerista Mara Coccia, di Fabio Sargentini e l’Attico, (su cui di recente s’è tenuta una presentazione nella sede della GNAM), mentre altri fondi e archivi si vanno aggiungendo. Tra essi quelli di Carla Lonzi, del poeta visivo Lamberto Pignotti e tanti altri. Ovviamente, in considerazione dell’importanza della politica di acquisizione di archivi lanciata dalla Galleria, non potevo che stipulare la donazione del mio archivio, del quale ho per il momento consegnato il materiale relativo agli artisti italiani nati negli anni Quaranta. Sono convinto della necessità che quanto da me accumulato nel corso di oltre 50 anni di attività di critico e storico dell’arte non debba andare disperso, e anzi debba essere utilizzato da futuri studiosi. Sono anche convinto, contrariamente a quanto si è a lungo pensato, che le ricerche di archivio non servano solo a ricostruire le vicende storiche e artistiche dei secoli passati, ma anche quelle del passato più recente. E questa è cosa che io da sempre ho ritenuto doveroso fare. Infatti solo tramite una ricerca appropriata e documentata si può evitare di insistere su quegli errori, in cui cadono e persistono anche critici e curatori di mostre, tipo l’attribuzione al 1909 (anziché al 1911) della Lampada ad arco di Balla, o l’inserimento del new dada Jim Dine tout court nella Pop art, com’è stato fatto per la mostra attualmente allestita al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
A proposito dei “continuatori degli errori altrui”, nella mia Storia dell’arte italiana del ‘900 per generazione, e nella fattispecie nella Conclusione del III tomo di Generazione Maestri storici (p. 1825) citavo il seguente pensiero di Schopenhauer: “Insomma ad essere capaci di pensare sono pochissimi, ma opinioni vogliono averne tutti: che cosa rimane se non raccoglierle bell’e fatte da altri, anziché formarsene per proprio conto? […] un fatto storico […] si trova in cento storiografi, ma poi si verifica che tutti si sono trascritti l’un l’altro, per cui alla fine, tutto si riconduce all’affermazione di uno solo” . E se il primo erra, gli altri persistono nell’errore, diffondendolo.
Per riprendere il discorso sulle dotazioni archivistiche della GNAM, va aggiunto che, essendo stato donato (e per una certa parte, dato in comodato) alla GNAM in comodato dagli eredi l’archivio di Anton Giulio Bragaglia, Claudia Palma e Chiara Stefani stavano preparando per giugno una esposizione, nella quale sono considerati i diversi ambiti culturali in cui Bragaglia operò. Questo prima dell’emergenza creata dalla diffusione del Covid19. Se e quando tale esposizione riuscirà, come ci si augura, ad andare in porto, essa sarà corredata da un catalogo davvero prezioso, dato che proprio la consultazione e lo studio dei documenti dell’archivio in questione permetterà di ricostruire infine in modo nuovo il pensiero e le attività di Anton Giulio Bragaglia, nonché di aggiungere un tassello importante all’analisi del periodo in cui egli ha vissuto e lavorato. Che è ciò che è stato fatto in tanti altri casi. Tra di essi va senza dubbio ricordato il volume Irene Brin, Gaspero del Corso e la Galleria l’Obelisco, che concludeva una lunga opera di valorizzazione del Fondo sull’Obelisco, ultimo acquisto fatto in anni passati dalla GNAM. A conclusione del suo testo, Claudia Palma giustamente asseriva: “Molto c’è ancora da studiare, molto si potrà ancora approfondire, le carte d’archivio, come sempre, saranno ancora una volta le preziosi fonti per continuare il lungo cammino di riscoperta…” .
E proprio con questa affermazione, che condivido appieno, perché riassume bene il mio credo di studioso, mi piace chiudere questo intervento.

Giorgio Di Genova


Archivio Giorgio Di Genova
c/o Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea – Fondi storici
(in parte giacente ancora presso la casa del Soggetto produttore, in parte presso i locali della Galleria)

Gli Archivi della Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, Roma

Gli archivi della Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, molteplici e di varia natura, rappresentano l’ossatura, la linfa vitale delle collezioni e della vita del nostro Museo.
Ne esistono quattro diverse tipologie: primo per formazione e perché vede la Galleria come suo Soggetto produttore è l’archivio generale ove tutti i documenti che l’istituto produce e riceve sono gestiti. Questo luogo ne preserva il valore, il significato e, contemporaneamente, li rende costantemente reperibili per ogni utilizzo. I complessi documentari della Galleria Nazionale vengono dunque gestiti nella loro prima fase in quello che si definisce archivio corrente, ma ognuno di essi, col tempo, è destinato a spostarsi. La transizione comincia ad un anno dalla chiusura del fascicolo quando, conclusa l’attività che lo ha generato, se ne effettua il trasferimento nell’archivio di deposito, per poi concludersi, dopo trent’anni, con la storicizzazione e la conseguente completa fruibilità da parte di qualsiasi utente.
Dal 1946 poi esiste anche un Archivio fotografico, ricco di un patrimonio di immagini che comprende l’intera collezione di opere, di pittura, scultura e grafica del Museo, nonché la documentazione degli allestimenti del museo e delle sue mostre. Attualmente, la Fototeca possiede 10.000 stampe fotografiche in bianco e nero, 15.000 diapositive, 60.000 negativi in bianco e nero tra cui 500 lastre in vetro, 6.000 fotocolors, VHS e DVD.
Sempre nel 1946 nasce l’Archivio bioiconografico, peculiarità assoluta e di grande importanza della Galleria Nazionale. Conserva notizie sugli artisti, sono presenti più di 25.000 fascicoli monografici, sui critici, sui curatori, in forma di materiali stampa di ogni genere, dagli inviti ai manifesti, dai comunicati stampa alle locandine o alle piccole brochure o ancora in forma di documenti fotografici relativi a mostre ed eventi di istituzioni pubbliche e private e naturalmente della Galleria stessa. Tutti i materiali provengono dall’abbonamento alle rassegne stampa sull’arte così come dalla relazione diretta con artisti, curatori e personaggi di vario genere, oltre che dal nostro stesso Istituto. Questo patrimonio, in permanente crescita, costituisce un archivio di eccezionale valore storico per la sua completezza e per la sua unicità, oltre che per la sua consistenza poiché parliamo di più di trecento metri lineari di documentazione.
Infine repertori documentari di grandissima rilevanza storica e di eccezionale valore sono i Fondi storici che la Galleria nazionale acquisisce con varie modalità fin dal 1973, dall’acquisto alla donazione, dal legato testamentario al comodato. Sono archivi generati da altri enti, movimenti, soggetti singoli, legati a vario titolo alla storia del Museo, che arricchiscono il patrimonio della Galleria Nazionale con una documentazione che aggiunge sostanza storica scientifica alle collezioni delle opere. I fondi storici raccontano storie differenti, da quella di Ugo Ojetti, a lungo presidente della commissione che acquistava le opere della Galleria all’inizio del novecento, a quella della Galleria L’Obelisco, prima ad aver riaperto nell’Italia del secondo dopoguerra nota per aver portato in Italia per prima artisti del valore di Rauschenberg o Calder e ad aver creduto in artisti come Alberto Burri. Ma ancora l’Archivio di Anton Giulio Bragaglia, chiuso ad ogni consultazione fin dagli anni ’80 del ‘900 o quello dell’iconica figura di Carla Lonzi. La documentazione si presenta nella forma dei manoscritti, delle corrispondenze, delle bozze, delle fotografie, e dei documenti personali risalenti ai personaggi dell’arte, della letteratura, della cultura.
I documenti raccolti in questi Archivi sanciscono dunque la relazione speciale della Galleria Nazionale con il mondo esterno e la trasformano in un’autentica finestra sull’arte e sulla cultura moderna e contemporanea di tutto il mondo, generando un inesauribile dialogo con la storia e ponendosi come infinito dispositivo di narrazioni.

www.lagallerianazionale.com

Responsabile Fondi storici:
Claudia Palma

Per informazioni:
gan-amc.archivi@beniculturali.it