STAY SAFE _Fondazione Remo Bianco

“L’arte dell’ avvenire è posta sotto il segno dell’IMPRONTALE.
IMPRONTA è tutto ciò che resta impresso nel nostro subcosciente;
IMPRONTA della società stessa, in quanto immagine di tutti quei condizionamenti che l’essenza della vita oggi comporta. Dichiaro perciò che l’uomo non può evitare di essere IMPRONTA di una società che continuamente muta e ci circonda sempre di cose nuove. Per sfuggire ai fenomeni non sempre desiderati l’uomo dovrà impadronirsene, creando un’impronta che non sarà più l’oggetto, ma un qualcosa di conforme alla sua natura. Tutto ciò richiede un modo diverso di espressione che tenga conto di tutti questi presupposti.
Dichiaro che le mie IMPRONTE sono una documentazione universale che catalogherà tutte le cose avvenute a contatto con me attraverso una realtà ridimensionata della verità attuale. Dichiaro che in un prossimo futuro gli uomini prenderanno le impronte per possedere la realtà che li circonda.”
Remo Bianco, Manifesto dell’Arte Improntale, 1956

Remo Bianco. Biografia.

Remo Bianco nasce a Milano il 3 giugno 1922. Allievo di Filippo de Pisis, negli anni 50 partecipa all’intenso dibattito culturale milanese, avvicinandosi al movimento Nucleare e allo Spazialismo e iniziando l’importante e duraturo rapporto con Carlo Cardazzo e con le sue Gallerie del Naviglio a Milano e del Cavallino a Venezia.
Tra la fine degli anni 40 e i primi 50 inizia un percorso multiforme caratterizzato da un’intensa sperimentazione, dalle opere Nucleari dal forte impatto materico, ai calchi di “tracce” chiamate Impronte, fino alla tridimensionalità dei 3D. Nel 1955 compie un viaggio negli Stati Uniti, conosce Pollock e gli artisti dell’espressionismo astratto e inizia il ciclo dei Collages e dei celebri Tableaux Dorés. Dal 1965 sviluppa la produzione più concettuale, quella delle Sovrastrutture (Sculture neve, Sculture calde, Trafitture, Appropriazioni). Nel 1969 si dedica all’Arte chimica. Agli anni 70 appartengono le performances e i Quadri parlanti, mentre intensifica i rapporti con il contesto culturale parigino. Una delle ultime ricerca è dedicata all’Arte elementare, un’amara riflessione sui limiti imposti alla libertà creativa degli individui.

Muore a Milano il 23 febbraio 1988.

Remo Bianco ha esposto in numerose personali e collettive nei maggiori centri d’arte italiani e internazionali (Milano, Venezia, Roma, New York, Parigi…) e le sue opere sono conservate presso diversi musei, tra cui il Museo del 900 e le Gallerie d’Italia di Milano, il Mart di Rovereto, la Galleria Nazionale di Arte Moderna e i Musei Vaticani di Roma. Sulla sua opera hanno scritto, tra gli altri, Lucio Fontana, Alain Juffroy, Pierre Restany, Umbro Apollonio, Gillo Dorfles. Nel 2019 il Museo del Novecento di Milano gli dedica l’importante retrospettiva dal titolo “Remo Bianco. Le impronte della Memoria”.

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La Fondazione Remo Bianco

La Fondazione Remo Bianco è stata costituita il 15 luglio 2011 e riconosciuta giuridicamente dalla Regione Lombardia con DPGR n. 12291 del 13 dicembre 2011.
La Fondazione si propone di mantenere viva la memoria di Remo Bianco ponendosi come finalità lo studio, la tutela e valorizzazione artistica di Remo Bianco e delle sua opera, attraverso l’ordinamento, la conservazione e la catalogazione del materiale d’archivio, delle opere e di ogni altro documento utile allo studio dell’Artista. La Fondazione promuove studi, pubblicazioni e mostre, autonomamente ma anche in collaborazione con altre istituzioni italiane e internazionali. Intesa come luogo di studio, è aperta alla collaborazione con gli studiosi e di supporto agli studenti che vogliano approfondire l’opera dell’Artista. Possiede una biblioteca e un archivio dedicati all’opera di Remo Bianco e al contesto artistico in cui ha creato.
La Fondazione Remo Bianco effettua l’archiviazione delle opere con la finalità di catalogazione, ricerca e studio e inoltre si adopera per “tutelare le opere dell’artista da falsificazioni e/o contraffazioni di qualunque tipo, esperendo tutte le azioni anche giudiziali, per la tutela dell’artista e l’autenticità delle sue opere” (Statuto art. 2).


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